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MARCO CHENEVIER: CERCO DI DARE FORMA ALLE DOMANDE CHE MI OSSESSIONANO


MARCO CHENEVIER: CERCO DI DARE FORMA ALLE DOMANDE CHE MI OSSESSIONANO

Marco Chenevier presenterà il lavoro Quintetto, sabato 1 ottobre, ore 21.00, alla Chiesa della Maddalena e a lui poniamo alcune domande.

Oltre ad essere coreografo, danzatore, regista e attore, sei anche il direttore artistico di TiDa – Théâtre Danse. Vuoi dirci qualcosa di più sul TiDa?

Marco Chenevier: Il TiDA produce, organizza, opera su scala regionale, nazionale ed internazionale con obiettivi molto diversi. Gli spettacoli, miei e degli artisti associati a TiDA, sono i risultati di processi di ricerca e sono diffusi su scala internazionale dove trovano i confronti che amiamo. Il lavoro su livello nazionale si divide tra una diffusione in alcuni circuiti ma anche in tutto quello che è “fuori” circuito. Il lavoro di teatralità diffusa, le azioni che creano legame sociale, i progetti di inclusione e di sensibilizzazione alla danza ed al teatro sono il nostro modo di ricostruire un confine tra consumo e partecipazione critica.

Il tuo spettacolo “Quintetto” sta viaggiando molto, anche all’estero. Come ti rapporti con il pubblico straniero e le diverse lingue? E il pubblico come accoglie la tua performance?

MC: Il pubblico accoglie la performance con grande simpatia! Le lingue… è faticoso non poter recitare nella propria lingua! Ma giustamente l’esilio teatrale e l’impossibilità a parlare tutte le lingue ha permesso lo sviluppo dell’espressività tutta italiana del nostro comunicare! Come a dire: dai Papi ai Ministri contemporanei: grazie!

Abbiamo notato che ti piace interagire con il pubblico. Ritieni che ci sia bisogno di entrare in comunicazione con lo spettatore? E perché secondo te lo spettatore ricerca questa relazione con l’artista?

MC: Andare in scena per me è entrare in comunicazione con il pubblico. Non significa per forza dover interagire, ma la relazione è la base di quest’atto artistico. Faccio questo mestiere perché amo profondamente l’essere umano, e mi piace riflettere sulla mia/nostra condizione umana. Non c’è “bisogno” di far nulla, e non so se lo spettatore cerca questa (quale?) relazione con l’artista. Di fatto non cerco di dare allo spettatore quello che vorrebbe, cerco di dar forma a delle domande che mi ossessionano e di condividere queste domande con le persone che decidono di passare un po’ di tempo con me, per una sera o forse più.

(intervista apparsa su Postscena.net)

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